Presentazione
Al
contrario delle persone reali, con tutta la loro materiale fisicità,
i personaggi dei libri sono esseri evanescenti, variamente
interpretabili, caduchi o immortali a seconda di come non un ventre
materno, ma la mente creativa dell’autore, sa partorirli.
La
storia della letteratura c’insegna come i personaggi siano creature
incorporee eppure capaci d’avere una ‘consistenza’
sbalorditiva, tratti e connotazioni della personalità così forti e
netti da sembrare scolpiti nella pietra. Possono compiere azioni
mirabolanti o vivere di solo pensiero e sentimento nell’introspezione
più statica; possono diventare modello di comportamento sublime o
incarnare una turpe negatività; sanno comparire e scomparire dai
nostri pensieri come nel gioco di un grande illusionista. E noi
lettori ce ne innamoriamo, li detestiamo, ci facciamo vanto di
saperli citare, su di loro apriamo inesauribili confronti.
Sembra
che il possedere questa forza di fascinazione sia un privilegio
riservato ai protagonisti del grande romanzo classico, ma l’odierna
realtà dimostra qualcosa di assai diverso. Più che mai nel tempo in
cui la letteratura d’intrattenimento abbonda negli scaffali delle
librerie, il romanzo “di genere” fiorisce rigoglioso proprio
assieme - e per merito - dei suoi carismatici personaggi. E se di
genere si parla, ecco che il mystery, il thriller, il giallo o il
noir che dir si voglia, in ogni sua colorazione, trionfa nelle
classifiche dei best seller.
Una
buona ragione c’è, e investe anche il giallo italiano che vive un
suo internazionale momento di gloria in virtù di un felice
proliferare di autori eccellenti, di opere egregie, capaci d’essere
promosse dal ruolo di best a quello di long seller. Accade proprio
grazie ai seduttivi protagonisti che si fanno sempre meglio
delineati, peculiari, coinvolgenti quanto basta perché il lettore ci
si affezioni ed ami seguire le nuove avventure che i loro autori, a
scadenza più o meno regolare, ci ripropongono.
Non
fa eccezione la collana degli oramai storici gialli torinesi di
Fògola. Con “La rosa a dicembre”, un racconto dal sapore arcano,
intrigante, sempre velato nel suo dipanarsi da una lieve foschia
ancor più britannica che piemontese, nasce un altro figlio della
fantasia, il professor Emanuel Kröss. Un personaggio controtendenza,
tanto efficace e vero nel suo stare discosto dagli stereotipi
correnti, quanto amabile per la normale eccezionalità che lo
contraddistingue.
Ho
appena fatto ricorso ad un ossimoro, è vero, ma la ragione
nuovamente c’è. Kröss, infatti, non è un giovane super-eroe
palestrato, incline all’azione temeraria e spettacolare; non fa
strage di cuori, non sfascia un’auto al giorno, le armi letali non
sono il naturale prolungamento del suo braccio. Il professor Kröss,
nella sua cadenzata, abitudinaria, dotta routine di comune
vedovo-studioso-pensionato, introduce però la peculiarità di una
naturale inclinazione all’approfondimento che, laddove si renda
necessario, diventa ‘indagine’; risoluta, testarda, acuta,
brillante. In barba ai tentativi di dissuasione delle Forze
dell’Ordine, con il solo aiuto d’una sua ex-allieva altrettanto
indisciplinata, efficiente e curiosa, davanti al mistero Kröss non
arretra, di fronte al delitto non s’intimorisce, alla malvagità si
oppone con determinato senso della giustizia senza badare a chi siano
i portatori del male stesso, e di che cosa siano capaci.
In
sostanza: senza alcuna necessità di ambientare la sua storia nel
caos multietnico di una Los Angeles dannata o di una Londra
tentacolare, l’autore Luisio Luciano Badolisani fa muovere il suo
professor Kröss, pacato e solido, tra
le quiete colline del castelnovese. E non per questo il racconto
perde d’intensità o di attrattiva: anzi, ci proietta se mai in un
contesto familiare con il quale possiamo fonderci per meglio sentirci
parte degli eventi narrati.
Ciò
detto, sulla trama del racconto è saggio tacere. Resta solo da
aggiungere qualche considerazione sullo stile letterario attraverso
il quale Badolisani ama esprimersi. Anche qui, nessuna compiacente
caduta nella scrittura minimalista (spesso soltanto minima) di
diffuso costume odierno. Luciano è un “narratore” a tutto tondo,
un affabulatore tanto accurato quanto generoso, capace di farsi
ottimo architetto quando occorre costruire la struttura portante del
romanzo. Mette anche una buona dose di ritmo nel suo raccontare:
ritmo né troppo sincopato, né eccessivamente diluito: la misura
giusta, insomma, perché l’orecchio mentale del lettore possa
seguire la vicenda con lieve naturalezza dalla prima all’ultima
riga, e godere appieno di questo nuovo giallo pedemontano che - c’è
da scommetterci - renderà il professor Kröss un nuovo beniamino del
pubblico; affabile compagno di viaggio nei nostri migliori itinerari
d’intelligente evasione.
Anna
Antolisei